«Ecco […] la sfida permanente che l’Eucaristia offre alla nostra vita: adorare Dio e non sé stessi, non noi stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io. Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto. […] Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo o i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi. Io sono un figlio amato».
Nell’omelia pronunciata ieri alla concelebrazione eucaristica per la chiusura del ventisettesimo Congresso eucaristico nazionale svoltosi a Matera, Papa Francesco ha spiegato così l’importanza dell’eucaristia, ricordando che essa ci ricorda il primato di Dio. Nella parabola del Vangelo del giorno, ci viene mostrata la contraddizione del ricco che sfoggia la sua opulenza e banchetta lautamente e del povero che giace sulla porta coperto di piaghe. Il primo non ha nemmeno un nome, è solo un aggettivo, perché le ricchezze gli hanno fatto perdere la sua identità, data solo dai beni che possiede e dall’apparenza. Nella sua vita non c’è posto per il Signore, perché egli adora solo sé stesso. Il secondo, al contrario, viene chiamato Lazzaro, che significa “Dio aiuta”. Nonostante la sua condizione di povertà e di emarginazione, egli può conservare integra la sua dignità perché vive nella relazione con il Padre.
L’Eucaristia, ha proseguito il pontefice, ci chiama anche all’amore dei fratelli, il pane per eccellenza. È Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita possa sfamare il prossimo. Il ricco del Vangelo neanche si accorge del grido silenzioso del povero mentre vive con opulenza. Solo alla fine della sua esistenza, quando il Signore rovescia le sorti, finalmente si accorge di Lazzaro, ma Abramo gli dice: «Tra noi e voi è stato fissato un grande abisso» (Lc 16,26). Questo abisso è stato creato dal suo egoismo, che lo ha imprigionato in una solitudine che prosegue anche nel futuro eterno. Purtroppo, dice il Papa, questa parabola è ancora valida ai nostri giorni, per cui occorre riconoscere che l’eucaristia è profezia di un mondo nuovo, un mondo di conversione dall’indifferenza alla compassione, dallo spreco alla condivisione, dall’egoismo all’amore, dall’individualismo alla fraternità.
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