SARÀ NATALE

Mi ha colpito come nei mesi trascorsi e fino a oggi, uno degli argomenti ricorrenti delle persone, sui social e gli altri mezzi di comunicazione, siano state le messe, la Pasqua, ora il Natale. Svariate volte si è sentito discutere in televisione come pure nella discussione al bar riguardante la possibilità di andare a Messa in questo periodo di emergenza Covid, ultimamente fiumi di parole sulla mezza di mezzanotte e su quando far nascere Gesù.

Se da una parte vi può essere l’impressione della superficialità e della non conoscenza del mistero cristiano, di ciò che si celebra, di che significato hanno gesti, parole, riti; dall’altra non nascondo un sereno e semplice piacere nel cogliere che l’argomento “fede”, in qualche modo, fa notizia. Certamente non è il giudizio o la chiacchiera superficiale che può soddisfare un credente e neppure il prete, però è interessante e bello che le persone trovino interesse nelle cose di Dio, in ciò che riguarda la vita spirituale.

Sono proprio sincero nell’affermare che vivremo un bel Natale, nel credere che sarà un vero Santo Natale!

Uno dei primi atteggiamenti corretti per vivere l’incontro con gli altri e, quindi, anche con Dio, è quello di desiderarlo; il fatto che la gente si sia preoccupata se potrà esserci la Messa, se potremo far nascere Gesù bambino (perdonatemi, però è una concezione non proprio corretta della liturgia del Natale quest’ultima; infatti non si “fa nascere” Gesù a mezzanotte, ma si rivive la sua incarnazione in tutta la liturgia di quei giorni, cosa che rende attuale e reale per noi oggi la sua nascita di duemila anni fa), se si potranno vivere quei piacevoli momenti di ritrovo familiare, anche intorno alla tavola sono tutti segni che non ci si accontenta di tirare avanti e che desideriamo alzare lo sguardo verso un dono che viene dall’alto (“Tu scendi dalle stelle”).

Un’altra attenzione preziosa è vivere ciò che è essenziale. Negli ultimi decenni, il Natale ha assunto toni talora eccessivi e lontani dallo spirito semplice e povero che invece porta in sé: Dio altissimo diventa un piccolo uomo; nasce poveramente, è visitato e accolto dai poveri, a partire dalla sua famiglia fino ai semplici pastori; vive subito disagio, rifiuto e persecuzione (nasce in una stalla, rischia la morte per mano dei potenti, deve emigrare in un paese straniero). Che cosa è essenziale in questa festa? Doni, ricchi pasti, incontri gioiosi sono solo segno di altro, della festa dell’incontro di Dio con l’uomo; un Dio che non si è mai stancato di cercarci e di fare il primo passo per venirci incontro. E allora l’essenziale c’è ed è l’accoglienza di Gesù, questo possiamo sperimentarlo sempre ovunque e comunque, non vi è una situazione ideale, se non quella di aprirgli la porta quando bussa alla nostra vita. Ci sono stati in passato – ma anche oggi per tanti popoli – Natali in tempo di guerra, di esilio, di carestia, di povertà, di persecuzione, di dolori profondi, personali e di popolo, ma il Natale è sempre giunto non come una poesia sdolcinata, piuttosto come una carezza che ti dice: “Io ci sono, non ti lascio solo, ti amo e custodisco sempre”; è la carezza di Dio rivolta a tutti gli uomini e il Natale è l’occasione per fermarsi e accorgersi di essa. Cogliamo l’occasione di un Natale che ci permetterà di pregare personalmente, di andare a Messa con gli altri (in sicurezza anche dal punto di vista sanitario, certamente) o, almeno di seguirla con affetto e fede, magari dalle trasmissioni della nostra parrocchia. Valorizziamo il tempo con le persone che vivono con noi “guardandole negli occhi” e la possibilità di farci vicini a chi è lontano o solo o triste, nelle modalità possibili, dalla visita in casa, se ammessa, alla telefonata, all’andare sotto la finestra suonando il campanello di casa, allo scrivere una lettera.

Sarà Natale, sicuramente.

vostro don Matteo