Ci sono cose di cui non ci accorgiamo, ma che ci fanno tanto bene. Ce ne sono alcune che non si vedono, ma che ci fanno letteralmente vivere: non si vede il cuore, non si vede il cervello, ma sono indispensabili; non si nota l'amore della propria madre che però ti accudisce e custodisce da piccolo e pure da grande; non si vede il panettiere all'una di notte, ma il pane fragrante è sulla tavola; non si sa da dove giunga l'acqua in casa, ma c'è chi lavora perché giunga fresca e sana al mio rubinetto.
Nei giorni scorsi un "polmone" speciale ha arricchito di un ossigeno purissimo ciascuno di noi, infatti venticinque suore della famiglia religiosa delle nostre suor Shyla, suor Chitra e suor Sammanasu, hanno fatto gli esercizi spirituali, vivendo e pregando per una settimana in oratorio. Hanno pregato loro, pochissimi le hanno notate, perché erano in ritiro e le abbiamo viste solo al termine con la messa finale in parrocchia, ma lo Spirito Santo che hanno invocato e ascoltato non ha portato aria nuova solo nelle loro anime, ma anche in tutta la nostra Comunità Pastorale.
Se cresco io, se prego io, se maturo io, se faccio dei passi io, non fa bene solo a me, ma anche a chi amo e a chi mi vive accanto. Accostando le nostre suore, dopo questa loro intensa esperienza, ho respirato proprio questa sensazione e il bello è che ho colto tutto ciò dalla gioia che hanno espresso nella celebrazione eucaristica conclusiva e nella cena fraterna a cui hanno inviato anche noi don. Forse vale la pena di mettercela tutta, ciascuno nel proprio cammino personale e dei nostri gruppi, anche quando pare che nessuno ci noti, come quando si prega, ma ciò farà arricchirà tutti per irradiazione, per contagio, per la forza che lo Spirito ha nel raggiungere tutti quando qualcuno di noi gli apre la propria vita.
È stato prezioso poi passare dalla mensa eucaristica (la messa) alla mensa fraterna (la cena indiana in oratorio) e sperimentare non semplici similitudini, ma il senso di momenti sostanzialmente identici segnati dalla presenza del Signore (nell'eucaristia e nel ritrovarsi in due o più ne l suo nome), dalla fraternità, dalla gioia, dal coinvolgersi, dalla condivisione; forse possiamo iniziare anche noi il nuovo anno pastorale, che il nostro arcivescovo ci invita a centrare sulla preghiera, facendo diventare sempre più la comunità cristiana un luogo dove si prega VERAMENTE e SEMPRE,  nella liturgia in un modo, nell'incontro e nel cammino con i fratelli e le sorelle in un altro, anche, anzi, proprio quando si lavora, si gioca, si studia, si  porta pazienza, ci si aiuta. Se la dimensione della preghiera, cioè della presenza di Dio non ci attraversa la vita intera, come potrà cambiarci e cambiare il mondo?
Ciao,
don Matteo